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Al centro di questo libro c'è il passaggio decisivo degli anni Cinquanta, il fare e ripensare l'architettura nella temperie del secondo dopoguerra e, contestualmente, l'apparizione sulla scena del design italiano, vale a dire di un prodotto e di un modello di produzione affatto nuovi e fortemente caratterizzanti. Il contraccolpo è costituito dalla riformulazione, sui diversi livelli e versanti disciplinari, del discorso pertinente, tra recuperi e soluzioni di continuità rispetto al ventennio, tra rinascite e antiche inquietudini, infine tra prassi organica alla modernità e riflessione critica. La soglia considerata è il biennio 1949-50, come utile postazione per cogliere i nessi tra le argomentazioni della politica e le responsabilità intellettuali di architetti e 'ideologues' delle nuove forme. Di qui la scelta, certo rischiosa, di un approccio sincronico tale da sventare la facile retroattività sul passato di idee che si sarebbero affermate in seguito e perciò capace, forse, di dar conto della compresenza di eventi progettuali, tutti in un certo momento dotati di futuro. Ne risulta un quadro assai mosso di elaborazioni teoriche sottese e/o generate dai progetti, nella dialettica con la ricezione da parte di un pubblico che, nei termini di una sociologia delle forme artistiche alla Bourdieu, andava costituendosi come tale e che è dunque esso stesso concetto dinamico.